Tra il 1290 e il 1295 Giotto dipinse nella Basilica di San Francesco ad Assisi un ciclo di ventotto episodi, che si possono ammirare nel registro inferiore della navata, sormontati da affreschi raffiguranti storie tratte dal Nuovo e dal Vecchio Testamento. (1)
L’artista fu chiamato ad Assisi dai francescani dopo che per loro aveva realizzato la Maestà per la bella Chiesa d’Ognissanti e rimarrà legato all’Ordine fino alla morte.
Giotto doveva necessariamente sintetizzare il messaggio umano e cristiano di Francesco: semplicità, rispetto di ogni creatura e penetrazione del suo essere e del suo messaggio in comunione con l’uomo; amore della creazione come opera di Dio e come scala per ritornare alla sua contemplazione: perdono in senso orizzontale e verticale per ristabilire l’armonia dentro cui l’anima degli uomini può trovare la pace e la gioia.
Le pitture di Giotto destinate a colpire vivamente la fantasia popolare hanno il carattere dell’immediatezza narrativa. Le scene si affiancano ciascuna con un evidentissimo centro compositivo di chiara impostazione drammatica con personaggi psicologicamente ben definiti, con forte rilievo plastico e con efficace e geniale evidenza pittorica. Il cosiddetto naturalismo di Giotto ebbe buon gioco in queste pitture che avevano il compito di narrare e commuovere colpendo direttamente la semplice fantasia popolare senza sottigliezze dottrinali e senza astrattezze allegoriche.
Giotto trae ispirazione per gli affreschi dalla tradizione popolare e dagli eventi raccontati nella Legenda maior (1260-63), unica biografia autorizzata della vita del santo ad opera di san Bonaventura da Bagnoregio. (2)
Gli episodi della vita di Cristo del Nuovo Testamento, dipinti dal romano Jacopo Torriti e dai suoi allievi, sono da mettere in relazione con il ciclo francescano mostrando la figura di San Francesco come un Alter Christus moderno.
Della figura di Jacopo molto poco si conosce: dal suo autoritratto nel mosaico lateranense si desume che fu un frate francescano; probabilmente nacque a Torrita di Siena e si formò artisticamente a Roma, in stretto contatto col Cavallini, del quale fu forse un allievo oppure un antagonista. Ci ha lasciato numerose opere, soprattutto nelle chiese romane, che danno l’idea di un grande maestro che precorse la pittura gotica toscana. Torriti aveva comunque avuto dei contatti anche con Cimabue (che nel 1272 si trovava a Roma), e partecipò alla decorazione della Basilica superiore di San Francesco accanto al maestro toscano.
Elemento particolare dell’opera è inoltre il fatto che negli eventi di San Francesco rappresentati non vengono mostrate le scene più forti e sgradevoli, né lebbrosi né indigenti compaiono negli affreschi. Il committente delle opere era papa Niccolò IV, che pur essendo il primo papa francescano non volle probabilmente esagerare nell’esaltazione della povertà. (3)
Dante e Giotto si erano conosciuti frequentando la bottega di Cimabue e a Giotto attribuiamo anche uno dei ritratti più veritieri che abbiamo di Dante, ma la loro visione e rappresentazione di San Francesco presenta sia dei tratti simili che divergenti. (4)
1- I critici sono incerti sulla data dei lavori giotteschi della Chiesa Superiore. Il Vasari parla nelle Vite degli anni tra il 1296? e il 1304, ma sappiamo che in tale anno il pittore è già tutto assorbito dagli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova.
2- https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Francesco
3- Alessandro Delpriori, Giotto, Storie di San Francesco
4- Massimo Cacciari Doppio ritratto. San Francesco in Dante e Giotto