Relazione Seminario Pereira “Liberi dalle Mafie” – 7 febbraio

Relazione di Giulia Brisinello e Agnese Daverda Saccavino  della classe 4a LSA C sul seminario formativo “Liberi dalle Mafie”.

Martedì 7 febbraio abbiamo partecipato ad una lezione tenuta da Matteo Pasi e Matteo Giorgetti, dell’associazione Pereira, dal tema “Liberi dalle Mafie”. Abbiamo iniziato col catalogare le maggiori organizzazioni mafiose presenti in Italia, secondo la regione d’origine: ‘Ndrangheta dalla Calabria, Cosa Nostra dalla Sicilia, la Camorra dalla Campania e la Sacra Corona Unita dalla Puglia. È importante sottolineare che le regioni indicate sono quelle d’origine storica perché la presenza mafiosa è purtroppo ormai estesa all’intero nostro Paese, benché possa non essere evidente in quanto si manifesta in modi differenti.

Questo tipo di attività criminale si distingue da tutte le altre per alcune caratteristiche peculiari. Per esempio, la visione di uno spezzone del film “Gomorra” di Garrone presenta il rito di affiliazione, necessario per diventare membro della “famiglia mafiosa”: da quel momento l’organizzazione disporrà  dell’affiliato in vita e in morte. La struttura organizzativa delle mafie varia: di tipo verticale per Cosa Nostra e ‘Ndrangheta, con all’apice la così detta Cupola, da cui si sviluppano ad albero le Commissioni Provinciali, i Mandamenti e poi le varie “Cosche” (Cosa Nostra) e “’Ndrine” (’Ndrangheta), queste ultime rese ancor più solide e potenti dai legami di sangue; di tipo orizzontale-federativo per la Camorra e la Sacra Corona Unita, dove alle Cosche si sostituiscono i “Clan”.

Una seconda caratteristica è l’uso strategico dei soldi e dei mass media per condizionare gli eventi a proprio favore. Se questi mezzi risutano inefficaci, si ricorre alla violenza psicologia e fisica, chiaramente in modo strategico: i mafiosi iniziano con una serie di telefonate anonime, un’escalation di pedinamenti, lettere con messaggi minatori, fino all’omicidio, accompagnato da depistaggi (incidente stradali, come nel caso di Peppino Impastato, causato da overdose). Tutto ciò perché l’obiettivo principale dei mafiosi è “tenere i riflettori spenti”, cioè fare in modo che la loro esistenza e le loro attività rimangano il più possibile nascoste.

Terza particolarità è il consenso sociale, su cui la mafia basa gran parte della sua sicurezza. L’omertà, come indifferenza, si fonda sulla paura, ma anche sulla mancanza di un’alternativa “legale”, che determina un’adesione forzata al sistema-lavoro mafioso. A tal proposito si può riportare l’esempio dei due bicchieri nel deserto: quello contenente “acqua sporca” che rappresenta la mafia, e quello con l’acqua pulita (lo Stato): il cittadino “assetato”, se può, sceglierà quello pulito ma in mancanza di altro si accontenterà del bicchiere sporco. È a questo punto che il lavoro non è più un diritto, come dovrebbe essere, ma un favore: la forza della mafia sta proprio nel sostituirsi allo Stato.

Ultimo carattere distintivo è il rapporto con la politica: fin dalla nascita dello Stato italiano, nel 1861, c’è sempre stato un rapporto di reciproco vantaggio tra le mafie, parti del mondo politico e delle istituzioni. Si parla di vera e propria corruzione, dal momento che la mafia garantisce voti (si stima che dal 30% al 50% dei voti che hanno consentito l’ascesa in politica di Andreotti, fossero stati opera di Cosa Nostra) e “mazzette” alla classe dirigente, da cui ottiene poi appalti e coperture.

Quali sono allora le principali attività della mafia? Sono molteplici e toccano i settori più disparati.Si potrebbe pensare a sequestri di persona, omicidi, e stragi, ma dal ’92 c’è stato un cambio di strategia, in quanto eventi tragici come quelli di Capaci e di Via D’Amelio attirano eccessivamente l’attenzione e lo sdegno generale. L’interferenza negli appalti pubblici invece è un sistema che garantisce  una redditività all’apparenza legale agli occhi della comunità, perché viene permessa da un ambiente politico molto spesso corrotto; a questo si aggiunge uno sfruttamento di manodopera a basso costo, non vengono pagate le tasse e vengono utilizzati materiali scadenti. I traffici internazionali sono poi altrettanto redditizi per le organizzazioni mafiose, a partire da quello di droga di tutti i tipi, il cui ricavo è pari a 70 miliardi di euro annui (il monopolio su quello di eroina negli anni ’70 e ’80 era di Cosa Nostra, mentre quello di cocaina è dagli anni ’90 sotto il controllo della ‘Ndrangheta).

Altri traffici sono quelli di armi, persone (clandestini in particolare), animali esotici, opere d’arte, documenti falsi, organi, merci contraffatte (risparmio sui costi dei materiali). Ancora, il pizzo insieme all’usura, permettendo la rilevazione di attività e aziende e il controllo del territorio, sono strategie strumentali a tutte le altre  e rendono la mafia, per le vittime, una presenza purtroppo quotidiana. Non manca nella lista lo smaltimento criminale di rifiuti tossici (industriali): lo smaltimento illecito costa meno di quello legale, in quanto utilizza il lavoro nero e i rifiuti non vengono correttamente smaltiti, ma nascosti sottoterra (le così dette terre dei fuochi), nelle fondamenta edilizie, in mare, in discariche e nelle cave abusive, nei fiumi, nei laghi.

In questo contesto abbiamo riflettuto sull’imprenditoria corrotta, diffusissima anche al Nord, basti pensare alla terra dei fuochi di San Gillio, alle porte di Torino. Anche lo sfruttamento di persone è controllato dalla mafia, una nuova forma di schiavitù applicata nella prostituzione, nel caporalato, nello spaccio e nello smaltimento dei rifiuti tossici, e molte altre occasioni ancora, che impongono condizioni pessime, una sicurezza quasi nulla e una paga misera. Infine, ma non meno importante, il riciclaggio di denaro sporco, che costituisce 150 miliardi del PIL annuo e permette alla mafia di “entrare” nell’economia legale con investimenti in diversi settori dell’economia italiana (centri commerciali, turismo, moda, edilizia, finanza, slot-machine, sale bingo, giochi on-line, compro oro, mercati ortofrutticoli).

Non mancano nella storia mafiosa i così chiamati, dagli affiliati, “infami traditori”, cioè i collaboratori di giustizia le cui rivelazioni hanno in molti casi permesso di far luce su diversi aspetti dell’attività criminale delle mafie, aiutando significativamente magistrati e inquirenti, come il caso di Buscetta per Falcone.

Abbiamo concluso che le mafie sono organizzazioni di natura criminale, politica e economica  e che soldi e potere rappresentano il loro fine ultimo e la bussola di ogni attività mafiosa, tale da svuotare l’essere umano di ogni significato. Anche se non lo sentiamo, siamo tutti toccati da questa realtà molto più di quanto possiamo pensare. Cosa possiamo fare noi, allora? A partire dal nostro piccolo, non essere schiavi dell’indifferenza ma avere sempre il coraggio di difendere la nostra dignità e non smettere mai di credere nella giustizia e nella libertà, sull’esempio dei tanti che ci hanno creduto fino in fondo, combattendo la mafia anche fino alla morte.