Francesco d’Assisi nacque ad Assisi il 26 settembre 1182 e vi morì il 3 ottobre 1226.
Il padre era il ricco mercante Pietro di Bernardone, mentre la madre, la nobile Giovanna Pica, proveniva da una famiglia della borghesia emergente di Assisi.
Questa fece battezzare il figlio con il nome di Giovanni (con un sostanziale rimando al Battista) nella chiesa costruita in onore del patrono della città, il martire Rufino.
Il padre però, tornato da un viaggio di lavoro, decise di cambiargli nome e iniziò a chiamarlo Francesco, nome decisamente poco diffuso all’epoca, in riferimento alla Francia che in quel periodo, dal punto di vista commerciale, stava crescendo esponenzialmente.
Le numerose agiografie di Francesco non si soffermano particolarmente sull’infanzia e la giovinezza del santo, ma è noto che sia stato indirizzato e guidato fin dalla tenera età a seguire le sue orme negli affari commerciali familiari.
Per questa ragione, dopo aver frequentato la scuola presso i canonici della cattedrale nella chiesa di San Giorgio, a 14 anni Francesco si dedicò attivamente e ufficialmente all’attività di famiglia.
Il processo di conversione avvenne a seguito della reclusione durante la guerra che afflisse gli abitanti di Assisi nel 1154. Durante quest’anno, infatti, la lotta tra Assisi e Perugia sfociò in un aperto conflitto, rispettivamente tra sostenitori dei ghibellini e dei guelfi.
A seguito del conflitto di Collestrada nel 1202, vennero arrestati numerosi giovani, fra cui, appunto, anche Francesco. Grazie a questa prigionia, il giovane ebbe l’opportunità di ripensare alla propria vita e capire la vera importanza anche delle più piccole cose.
Ormai gravemente malato, Francesco, dopo un anno di reclusione ottenne la libertà grazie al padre, che pagò un riscatto. In seguito fece ritorno a casa ed ebbe modo di recuperare la salute trascorrendo le giornate nei possedimenti paterni.
Secondo Tommaso da Celano furono proprio queste giornate trascorse in solitudine a produrre in Francesco un rinnovato amore e un profondo stupore nei confronti della natura, che reputava un mirabile dono di Dio.
Un altro rilevante motivo a cui ricondurre la sua conversione è rappresentato dal suo costante desiderio di essere utile al proprio popolo e difendere i più deboli. È la cosiddetta “febbre d’amore” che lo portò a provare una vera e propria compassione nei confronti del prossimo.
Volendo partecipare alla crociata del 1203-1204, Francesco tentò di raggiungere Lecce, dove si trovava la corte di Gualtieri III di Brienne. Raggiunta Spoleto, però, si ammalò nuovamente e in seguito narrò di aver avuto due particolari rivelazioni durante la notte. Nella prima aveva visto un immenso castello pieno di armi e aveva sognato di sentire una voce rivelargli che tutto ciò sarebbe stato suo. Nella seconda la stessa voce gli aveva chiesto se fosse più utile seguire il servo o il padrone. Avendo egli scelto il padrone, la voce aveva concluso la rivelazione chiedendo per quale motivo allora avesse abbandonato il padrone allo scopo di seguire il servo.
Grazie a questi eventi chiarificatori, una volta tornato ad Assisi Francesco iniziò a trascorrere le giornate nella più completa solitudine, finché, trovandosi a Roma per vendere una partita di merce, non solo distribuì il denaro guadagnato ai poveri, ma scambiò persino le sue vesti con un mendicante e iniziò a chiedere l’elemosina davanti alla porta di San Pietro.
Un importante episodio nel suo percorso di conversione avvenne nel 1205, quando Francesco, raccolto in preghiera nella Chiesa di San Damiano, sentì il Crocifisso chiedergli di salvare la Sua dimora, la chiesa, tristemente in rovina.
Perciò il giovane, spinto dall’ardore religioso, dopo essersi recato a Foligno e aver venduto il cavallo e le stoffe del padre, consegnò i guadagni al parroco di San Domenico perché riparasse la chiesa.
Il padre, riconoscendo queste azioni come sintomi di insanità mentale, cercò inizialmente di tenere il figlio nascosto ai suoi concittadini. In seguito decise di denunciarlo ai consoli, non tanto per la perdita di denaro (seppur gravosa), quanto confidando che una minaccia di condanna da parte dell’intera città lo avrebbe convinto a modificare il suo atteggiamento.
Il ragazzo, difeso pubblicamente dal vescovo Guido, fu accolto ufficialmente all’interno della Chiesa. Nell’inverno del 1206 iniziò quindi il suo viaggio verso Gubbio. Qui c’erano diversi suoi amici, fra cui Federico Spadalonga, con cui aveva condiviso la prigionia.
Dopo l’arrivo dell’estate, lo scandalo nato in seguito alla rinuncia dei beni paterni si placò, e Francesco poté ritornare ad Assisi. In questo periodo si impegnò a riparare alcune chiese in rovina delle vicinanze, quali la Porziuncola a Santa Maria degli Angeli e San Damiano.
Sostanzialmente, i primi anni furono dedicati alla preghiera, al servizio dei lebbrosi e all’elemosina. Per questo motivo, il giovane scelse di vivere nella più assoluta povertà, rinunciando alla mondanità, ai piaceri e all’ozio. Fu un “sovversivo” del suo tempo, considerato un pazzo e un giullare, poiché cercò sempre di dimostrare che la sua obiezione ai valori della società borghese portava in realtà alla felicità.
La sua predicazione, invece, iniziò il 24 febbraio 1208, quando, ascoltando un passo del Vangelo secondo Matteo, capì la necessità di portare la Parola di Dio nel mondo.
Si formò così una prima comunità di frati, formata da Bernardo di Quintavalle, Pietro Cattani, Filippo Longo di Atri, frate Egidio, frate Leone, frate Masseo, frate Elia da Cortona e frate Ginepro.
Viaggiando, questa aggregazione portò il Vangelo di Cristo anche all’infuori dell’Umbria, dove le prediche di Francesco furono particolarmente efficaci grazie alle sue parole semplici, ma ispiratrici. Nelle sue prediche rimase sempre il richiamo ai fedeli a guardare come loro guida alla povertà
«ecco colei cui lentamente si avvicina» (1)
Nel 1209, infatti, dopo essersi recato a Roma con i suoi compagni, il giovane ottenne, nonostante le iniziali reticenze del Papa, l’approvazione dell’allora Papa Innocenzo III. Quest’ultimo reputava Francesco un giovane di immensa utilità, poiché Francesco, dando vita a un movimento pauperistico che non contestava l’autorità della chiesa, era l’uomo ideale per incanalare le inquietudini e il bisogno di partecipazione dei ceti minori all’interno della Chiesa stessa.
I frati si stabilirono quindi presso Rivotorto ma, a causa delle pessime condizioni igieniche, lo abbandonarono l’anno seguente, in favore della località di Santa Maria degli Angeli.
Tale movimento pauperistico attirò anche le donne, fra cui si distinse Chiara Scifi, personalità comunemente legata alla figura di San Francesco.
Nel frattempo, la fama di Francesco crebbe notevolmente, fino a che nel 1217 lui stesso presiedette il primo dei capitoli generali dell’Ordine, nati con l’esigenza di impostare la vita comunitaria, di organizzare la preghiera e nuove missioni.
Due anni dopo, Francesco giunse ad Ancona per imbarcarsi per l’Egitto e la Palestina, dove si stava svolgendo la quinta crociata. Dopo aver ottenuto il permesso pontificio, rimase nel campo saraceno e incontrò il sultano ayyubide in persona, al-Malik al-Kamil. Lo scopo di questo incontro era fondamentalmente di convertire il sovrano e i suoi soldati, ponendo fine alle ostilità.
Francesco, in questo periodo della sua vita, temendo che l’obiettivo iniziale del movimento, nato come fraternità minore, si stesse perdendo, dal momento che il movimento stesso si stava ingrandendo a dismisura e senza controllo rinunciò al governo dell’Ordine.
Tra il 1224 e il 1226, nonostante fosse gravemente malato agli occhi, compose il Cantico delle Creature. Inoltre, secondo le agiografie, il 14 settembre 1224, durante le preghiere sul monte della Verna, dopo quaranta giorni di digiuno, Francesco avrebbe visto un serafino crocifisso. Al termine di tale visione gli sarebbero quindi comparse le stigmate e una ferita sul fianco destro, che il frate tentò sempre di nascondere fino alla morte. Il 3 ottobre 1226, dopo aver sofferto di malattie al fegato e alla vista, e dettato il testamento ancora a giugno alle Celle di Cortona, morì nella Porziuncola. Il suo corpo venne quindi sepolto nella chiesa di San Giorgio, e da qui la salma venne trasferita nell’attuale basilica nel 1230.
1-Jacques Le Goff, Francesco d’Assisi, “Protagonisti della storia”, vol.7, Milano, Ed. Corriere della Sera, 2005.